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PAOLA SARRO… ECCO..LORO PER ESEMPIO

di Luigi Sparagna

12 novembre 1999, giornata che avrebbe dovuto essere come tante altre, invece per i Pontecorvesi tutti fu segnata dal velo del dolore che calò, gelido, a portare la triste notizia della morte della Dott.ssa Paola Sarro, precipitata con l’aereo che la portava in Kosovo ad offrire il suo aiuto a coloro che soffrono. Quest’anno, colpa del Covid, non si tiene il solito appuntamento del Premio Paola Sarro che dall’epoca dell’incidente vede Antonio Papa protagonista dell’incontro per il ricordo di Paola. Con ciò non vogliamo che passi nel silenzio l’alto valore dell’altruismo e della generosità che anima i volontari, quelli veri, quelli che si allontanano dai riflettori dove si assiepano invece coloro che sono solo interessati a poter dire “c’ero anch’io”. I volontari, quelli veri, vanno a portare conforto e aiuto a chi soffre, a chi è nel bisogno, il tutto nel silenzio e nell’operosità tipica delle persone generose. Una grande decisione appartiene al volontario, ed è l’accettazione del rischio e la voglia di non arrendersi. La ripresa della Pandemia ci ripropone le immagini già viste, forse solo per questo meno crude, del personale sanitario, medici e infermieri, in trincea a combattere il virus. E’ forse appena di ieri l’immagine di un medico di un ospedale napoletano che assiste nel cortile al montaggio di quello che dovrebbe essere un letto d’ospedale ed è niente più che una barella con ruote, un lettino per visite ambulatoriali, che invece dovrà accogliere un ammalato di Covid. Deluso il medico, mandato a combattere senza colpi per il suo fucile, costernati noi che assistiamo a scene simili. Mi si potrà dire che il personale sanitario non fa altro che il suo dovere. Non è proprio così. Passata la fase uno della Pandemia abbiamo smontato baracca e burattini, e strafottendocene dei medici e degli infermieri che devono sicuramente essere disposti a qualche rischio, e in molti hanno perso la vita per stare nelle corsie, ma non certo meritano la sovraesposizione a rischi evitabili, ci siamo abbandonati e sfrenati a godimenti che ora paghiamo col ritorno del virus ancora più incazzato di prima. I medici e il personale sanitario tutto, compresi autisti di ambulanze e pure il personale delle pulizie degli ospedali, si sono trasformati anche loro in una sorta di volontari. Come in occasione di terremoti si va a scavare tra le macerie, questa gente si immerge nelle trincee ospedaliere e risolve da solo i problemi, costruendo intere corsie, spostando effetti, macchinari sanitari e quant’altro, pur di combattere la guerra che sono chiamati a combattere. Ma già, chi si accorge del volontario vero, quello lontano dai riflettori che illuminano i Governatori Regionali che si beccano come galli col Governo. Forse per loro si spendono i Commissari straordinari per la sanità nelle regioni storicamente disastrate? Per carità, siamo ancora frastornati dal cumulo di fandonie degli inconcludenti risolutori di criticità. Ma torniamo agli uomini e donne in camice bianco. Meno male che li abbiamo così come sono, col loro senso del dovere, il loro senso di responsabilità, che dopo anni di professione si vede chiaramente che non hanno fatto l’abitudine ad accettare la sconfitta della morte di un paziente, e qualche volta questo costa loro la vita, perché magari per la stanchezza accumulata è un attimo a fare la differenza tra vivere o morire. Coma Paola, non hanno colore, non hanno militanza politica, si appagano dello sguardo riconoscente delle persone che hanno potuto guarire, e non hanno appannaggi da “capogiro”.