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NE VOGLIAMO PARLARE ?

di Luigi Sparagna 

Ci trasciniamo dal mese di marzo nel problema, nell’emergenza Pandemia, e con alti e bassi guadagniamo tempo nell’attesa del vaccino, o comunque dell’annuncio che il virus è debellato e non ritornerà. A colpi di fioretto, e qualche volta di clava, le opposizioni e il governo si affrontano su tutte le tematiche collegate all’emergenza in corso. Alcuni provvedimenti si comprendono, altri sembrano più difficili da digerire, altri impossibili da gestire, come l’oceanica discesa in piazza a Napoli per il lutto di Maradona. Parlare di distanza di sicurezza in questa circostanza è pura fantasia. Durerà tre giorni come in Argentina o forse meno il cordoglio Napoletano, ma si spegnerà, per ora, riportando tutti alla vita normale in casa, con mascherina immancabilmente indossata, e nei momenti in cui occorre poter disporre de cavo orale o delle narici (gli estimatori della cocaina ne sanno qualcosa), comunque il dispositivo di protezione è immancabilmente assicurato almeno ad un orecchio, per essere prontamente ripristinato in sito soddisfatta l’esigenza. Insomma risolviamo tutto, affrontiamo tutto, siamo in sintonia, siamo figli di un tempo in cui ogni giorno siamo sorpresi da nuove conquiste dell’uomo che si avventura nello spazio con voli privati, ma c’è un problema che ci rende inermi, incapaci di una soluzione. Ne vogliamo parlare? Il problema si chiama CALABRIA. L’innesco Cotticelli, che non è una speciale polvere da sparo, ma l’inizio del problema stesso, riportandoci per un attimo alla memoria di una pietosa intervista e ancor più deludente serata Gilletti da cui emerse l’inadeguatezza dell’uomo manager, afflitto verosimilmente da strutturale idiosincrasia all’analisi e alla gestione quale espressione di professionalità, ha portato a galla il problema Calabria. Sarà per il rango in Pubblica Amministrazione riconosciuto a Cotticelli, che l’immaginario collettivo non può non attribuire a persone capaci di particolare eccellenza ed efficienza nell’operare, tanto che la débacle ha terrorizzato coloro che chiamati a succedergli si sono ben guardati dall’accettare. Sappiamo tutti che in casa comandano le mogli, ma sentire al TG che le eccellenze Italiane destinatarie per la loro competenza di profumati ingaggi sono al palo delle coniugali decisioni fa venire un timido sorriso. Forse per questo l’attuale Presidente della Regione Calabria caldeggia la nomina di un Calabrese come Commissario, nella speranza che abbia una moglie residente in Calabria. Sembra la saga di Fred e wilma negli antenati. Di fatto, eccoci qui a discutere di emergenza Calabria, che essendo emergenza nell’emergenza e che si trascina per giunta da svariati anni, possiamo cambiargli nome e chiamarla tragedia. La Calabria non ha futuro. La Sanità Calabrese non ha futuro. Il potenziale Commissario non può chiedere poteri speciali per affrontare una situazione che evidentemente ci si sforza di considerare normalmente critica, e invece è disperatamente critica, e pertanto meritevole di risorse speciali. Se per risorse dobbiamo intendere un team che affianchi il commissario, ci si dovrà pensare. Anche il Generale Dalla Chiesa aveva chiesto qualcosa di simile per combattere la mafia in Sicilia. Lungi da me l’idea di paragonare la Sanità Calabrese a cultura mafiosa, ma alcuni sodalizi si presentano scelleratamente simili a quelli mafiosi per cultura, perciò non possiamo escludere che nelle corsie di ospedale e nei palazzi che le amministrano serpeggi un clima che imita l’antistato. E se proprio la vogliamo dire tutta, nel panorama delle mafie la Calabria non è ultima, con la sua ‘ndrangheta, a meritare speciale attenzioni come quelle del Procuratore Gratteri, che non sta certo ad occuparsi di ladruncoli di polli. Ecco, ora ne abbiamo parlato. E’ tutto qui ? I Calabresi attendono,….. ma pure gli altri.