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La Lettura – Fëdor Dostoevskij: Le Notti Bianche

“Nella mia gioventù, mi sono talmente perduto nelle fantasticherie da lasciar passare senza accorgermene tutta la mia giovinezza”. È il mea culpa che Fëdor Dostoevskij farà qualche anno dopo la pubblicazione de Le Notti Bianche, racconto autobiografico che vede lo scrittore russo nelle vesti di uno schivo e giovane sognatore, il quale, durante una passeggiata notturna per le vie di San Pietroburgo, si imbatte in una fanciulla dall’atteggiamento mesto e pensieroso: Nasten’ka. Quando la giovane viene aggredita da un malintenzionato, subito accorre in suo aiuto il sognatore, e la scorta fino a casa: in quel primo contatto, egli si rende dolorosamente conto di quante cose si sia privato nella vita, per rifugiarsi in un mondo immaginario e fantastico cementato dalla solitudine. I due si rincontreranno per altre tre notti, durante le quali giungeranno a confidarsi i rispettivi tormenti: lui, prigioniero appunto in uno spazio onirico e incapace di costruire legami affettivi reali; lei, un’orfana che vive insieme alla nonna cieca e afflitta da un difficile amore a distanza. Proprio come in una delle sue fantasticherie, il protagonista si innamora di Nasten’ka e cova la flebile speranza di un sentimento ricambiato, per essere poi riportato alla cruda realtà nel momento in cui lei rifiuta l’amore di quello che considera solamente un devoto amico. Al sognatore non resta che accettare la scelta dell’amata e rifugiarsi ancora una volta nei suoi sogni irrealizzabili, ripetendo tra sé e sé “Sono lacrime, si asciugheranno!”. Mentre fuori, lungo i canali di San Pietroburgo avvolti in una notte di maggio, la vita scorre.