attualitàprimo piano

Montecassino, solennità di San Benedetto: il messaggio di dom Luca

Solennità del Transito di san Benedetto​​​​​​      

​È con intensa gioia e sincera gratitudine che la nostra comunità monastica accoglie tutti voi in questa casa di san Benedetto, per celebrare insieme l’eucaristia, nel ricordo del suo transito, cioè del suo passaggio al cielo. San Benedetto ha già vissuto in modo pieno e definitivo quel passaggio che noi in qualche modo assaporiamo e pregustiamo profeticamente ogni volta che celebriamo l’eucaristia: come suggerisce l’Apocalisse, una porta si apre in cielo e cielo e terra comunicano, si incontrano, fanno comunione. Ringrazio pertanto anzitutto il Cardinale Leonardo Sandri, sottodecano del collegio cardinalizio, che ha accolto con grande disponibilità il nostro invito a presiederequesto evento di comunione che è l’eucaristia. Gli siamo particolarmente grati: la sua presenza tra noi è significativa anche per questo motivo: fino a pochi mesi fa, e per molti anni, dal 2007, il Cardinale Sandri ha servito la Chiesa come Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, Chiese che ci sono molto care, sia perché molte di loro vivono momenti di gravi difficoltà e di persecuzione, sia perché allargano il nostro respiro e la nostra comunione, custodendo e offrendoci un patrimonio che ci aiuta davvero a illuminare la nostra esperienza cristiana con quella luce che viene da oriente, come ci ha ricordato san Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Orientale lumen.

​Con lui ringrazio il vescovo Gerardo, pastore della Chiesa di Sora-Pontecorvo-Aquino-Cassino, che concelebra questa eucaristia, i tanti sacerdoti presenti, le comunità monastiche e religiose, gli oblati, i collaboratori, gli amici del monastero, il Sig. Prefetto di Frosinone, Ernesto Liguori, il sindaco di Cassino Enzo Salera, gli Ambasciatori, le altre autorità civili e militari qui convenute. San Benedetto ha voluto che Montecassino e gli altri monasteri che seguono la sua Regola siano scuole del servizio divino, e quindi noi monaci siamo grati e pieni di stima per tutti coloro che, con competenza e responsabilità, servono la città dell’uomo.

​E ringrazio tutto il santo popolo fedele di Dio che oggi prega e celebra in questa chiesa, imparando da san Benedetto a non anteporre nulla all’opera di Dio. L’antico ingresso della nostra abbazia reca sopra di sé la grande scritta Pax, anche a ricordare che chi attraversa quella porta entra in un luogo di pace. Sia perché cerchiamo di vivere qui la pace, sia perché vogliamo daquesto luogo pregare per la pace. Anche l’invocazione per la pace, in questi tempi così tribolati che attraversiamo, vuole oggi nutrire la nostra preghiera e la nostra intercessione. San Benedetto chiede di non dare pace falsa. È uno degli strumenti delle buone opere del capitolo quarto. Non dare pace falsa. E subito prima gli altri strumenti ci richiamano a un impegno personale di conversione: non seguire l’impulso dell’ira; non serbare rancore; non tenere inganno nel cuore. Per pregare per la pace abbiamo tutti bisogno di imparare da san Benedetto a vegliare sulla verità del nostrocuore, prima ancora che sulle nostre labbra e sulle nostre azioni.