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1 NOVEMBRE 1943 “IL SACRIFICIO DI PONTECORVO”.

Di Umberto Grossi

La Gazzetta Ciociara, periodico indipendente,del 25 ottobre 1957, Anno V, n. 20,. riportava il seguente articolo in occasione delle manifestazioni per la ricorrenza del XIV Anniversario della distruzione di Pontecorvo “Su le rive del Liri, Pontecorvo, ……..in quel 1 novembre 1943, subendo uno dei più massicci bombardamenti aerei che l’ultima immane Guerra ricordi, sparì ben presto dalla mente degli uomini e su le macerie, ancora oggi fumanti, passano gli sguardi inerti dei profani, volano i dolenti lamenti dei Morti, scendo le calde lacrime delle madri, delle spose. degli orfani,……Pontecorvo è un  capitolo aperto di storia umana nella più travolgente pietà di uomini e cose! Sussultava ancora la terra e battevano i cuori  per i frequenti e disordinati bombardamenti per la campagna,  quando il carosello degli aerei s’iniziò a sorpresa. L’Orfanotrofio del Sacro Cuore fu raso al suolo: né Suore, né orfanelle si salvarono;  il Duomo, gremito  perché giorno festivo seppellì letteralmente  Sacerdoti e fedeli;  il Mercato e il Foro Boario, nell’eccessiva affluenza di venditori e forestieri,  mitragliati a bassa quota,  ridotti a campo di cadaveri;, l’Ospedale Civile, unico  asilo all’umanità di  tanti sofferenti e ripieno di infermi e feriti, fu abbattuto pur con i segni  qualificativi della sua immunità; il Cimitero, tra le cui tombe si era cercato scampo,  divenne cumulo di rovine;le strade e le piazze sparirono sotto le macerie dei palazzi e delle abitazioni distrutte, le stesse rovine furono sconvolte, i feriti non ebbero soccorso, i Morti non furono  composti a sepoltura.. Tra  il rombo assordante e micidiale degli aerei, il fumo mefitico e la polvere che si elevava ad oscurare il sole, i boati che scuotevano terribilmente il suolo, e le bombe incendiarie e dirompenti, che scatenavano la rovina ed il terrore, tra le grida e gli strazi, che in quell’eccidio infernale consumarono l’olocausto degli uomini e delle cose, si trovarono accomunati, vittime dell’efferatezza umana, gi steli di migliaia di vite inermi ed innocenti, stroncate irreparabilmente nella distruzione della Città. Come furie disperate,  le madri urlarono invocando i propri figli; i genitori piansero il focolare distrutto; le Salme dei Cri di famiglia, travolte dall’uragano e dall’angoscia attesero invano la meritata sepoltura; nelle abitazioni lontane dalla fatale bufera, giammai ritornò il figlio del padre! Ma il sacrificio non era ancora compiuto. Anzi allora cominciava. Gli efferati strumenti di sterminio ritornarono nelle albe successive, disseminarono, con inaudita ferocia, altra rovina, ed i Morti, a migliaia, non furono più enumerati. La battaglia di Pontecorvo e del Liri durò lunghi mesi; mesi di sofferenze atroci per gli upmini, mesi di intensa attività distruttiva per gli eserciti militari contendenti. Il 15 novembre  riprendono le distruzioni, il Palazzo di Città, gioiello d’arte romanica, crolla sotto le raffiche violente, che  scendono dal cielo; la Chiesa  “canonica” dell’Immacolata, sacrario di pitture e di tradizioni, il Palazzo Episcopale,, i maggiori Edifici pubblici e gli istituti scolastici vengono resi di mira;  gli ultimi solai, il resto  di altre abitazioni ancora illese, gli alberi  e persino i luoghi di rifugio sono raggiunti da bombe di alta efficacia con la collaborazione di indomite bocche da fuoco, aumenta il cumulo delle rovine, sale  il numero delle vittime…… E la tragedia continua………E’ la memoranda giornata del 13 dicembre: Le gigantesche formazioni di aerei si affacciano minacciose dal monti e dal mare; sorvolano a semicerchio il corso del Liri, sfidando la intensa contraerea nemica; dal Monte Cairo e dal Monte D’Oro convergono su Pontecorvo e sganciano le loro tonnellate di esplosivo. Così per molte e molte ore! Le ondate si susseguono ininterrottamente, i rombi dei motori gareggiano con i fragori paurosi delle bombe; la furia degli attacchi è tambureggiante e sconvolge le immense fumanti macerie con violenza estrema; tutto l’arco del cielo, visibile dalle alture è coperto dal fumo e dalla polvere. La pressione non accenna a diminuire; la vasta zona è un inferno! Cala la sera…. e cessa finalmente la bufera; oltrepassato, ormai, lo imperio della storia, l’impresa appartiene alla leggenda! Una lunga teoria di anime, sotto il celo senza stelle, a tarda notte,  sfila lugubre e silenziosa sulle macerie  insanguinate in cerca  della propria carne, delle proprie sostanze… per esternare il martirio di questa Città olocausta, che, pur distrutta,  sente in sé l’ineguagliabile spirito del popolo di cui  è l’immagine. Sola, su le insanguinate rovine, imperò la morte. Questo,  il dramma di Pontecorvo!”.

Da quel giorno nulla fu più come prima per Pontecorvo. Sparì in un attimo un mondo con le sue secolari abitudini, un paese medioevale considerato la perla della Ciociaria, seppellendo sotto le sue macerie e per sempre,i suoi  costumi, la sua cultura, le sue memorie, i suoi affetti.

E’ trascorso tanto tempo da quel giorno, ma nella memoria collettiva il ricordo di coloro che hanno perso la vita  incircostanze così tragiche non si è sopito. Il dolore  e il ricordo di quei Morti non svaniranno perché appartengono alla storia di Pontecorvo.

Quello che accadde quel giorno fu il prologo degli avvenimenti che accompagnarono la vita dei Pontecorvesi fino alla primavera del 1944, quando la guerra divenne un doloroso e triste ricordo e alla guerra la concittadina, ins. Letizia Migliorelli Abbatecola, ebbe a dedicare una significativa poesia intitolata:

1944 la guerra

Oh, incanto di una triste aurora!

Non c’è una rondine che vegli

Alle prime luci di rosa

nell’incipente albore.

 Non c’è foglia che beva

una stilla di umore

in questa primavera

misera e desolata.

 Gli alberi caduti,

l’erba sterpaglia.

 Passò su i campi arati

lo sferragliar sinistro

dei carri armati,

e fu la morte.

 Questa terra dura,

al vomere riottosa

ed al sudore avvezza,

cedè se stessa all’avanzar

di truppe e di mortali ordigni.

 Due sterpi in croce

su un tumolo emergente

son segno d’una vita spenta,

d’un disperato ultimo gesto

d’un eroe ignorato.

 Il suolo ha bevuto

Il sangue versato,

ha macerato bende,

qualche sepoltura

alle ossa sparse ha dato,

ma non ha pane.

 Questi versi, che sono la sintesi delle atrocità della guerra, debbono far riflettere le generazioni presenti e future, affinchè si impegnino a continuare e mantenere l’unità e la fratellanza fra i popoli, animati e pervasi da un sentimento di pace.